Giuseppe Antonio Landi, il Bibiena dell'Equatore - La misura dell'Eldorado. Vita e imprese di emiliano-romagnoli nelle Americhe
 
Giuseppe Antonio LANDI il Bibiena dell'Equatore
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Non ti meravigliare, o Studioso di Architettura, che agli egregi modelli di tanti chiarissimi maestri, che qui ti porgo, io n'abbia aggiunti alcuni miei, perché io l'ho fatto, non certamente perché io estimi che sieno degni di tal confronto, ne che possan giovarti, ma perché tu vegga, che quella strada, che agli altri addito, quella è che io cerco, e ch'io giudico la migliore. Così sapessio io per ella avanzarmi, ma non avendo a ciò forza bastante, godrò di vedere, che tu lo faccia, onde possa sperarsi, la mercè de'tuoi studi, che l'Architettura ricoveri finalmente l'antica gloria. Vivi felice. (Dedicatoria di Antonio Giuseppe Landi agli studiosi di architettura in Disegni di architettura tratti per lo più da fabbriche antiche ed intagliate da Giuseppe Landi)
 
Progetti eseguiti a Bologna
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La città di Belém

All’arrivo di Giuseppe Antonio Landi, la città di Belém, fondata nel 1616 prossima alla foce del rio delle Amazzoni ed al margine del rio Guamà, è già definita urbanisticamente.
Vi sorgono i principali edifici religiosi con le chiese e i conventi dei gesuiti, francescani e carmelitani, mentre la Cattedrale e la chiesa della Mercede sono in costruzione, la sede del potere civile con il palazzo dei Governatori, le fortificazioni a difesa della città con i forti do Presépio, Sao Pedro Nolasco e Nossa Senhora das Merces da Barra.
Pochi anni prima, Charles-Marie de La Condamine nel 1745 così scriveva nel suo diario:
All’arrivo nel Pará, uscendo dalle foreste dell’Amazzonia, pensavamo di essere stati trasportati in Europa. Incontrammo una grande città, strade bene allineate, case vistose, la maggior parte delle quali costruite negli ultini trent’anni, in pietra e in muratura, oltre a chiese magnifiche ”.

Nel Secolo XVIII dal congiunto edilizio iniziale, militare e religioso, della Cidade Velha e del forte do Presépio, si delinea la “Belém pombalina” (la città del commercio che alla fine dell’Ottocento si completerà con l’architettura in ferro del Ver o Pêso, la rua dos Mercadores , il Teatro da Paz, etc.). Sono gli anni delle fortune economiche legati alle redditizie coltivazioni del cacao, spezie, zucchero, cotone, che consentono una grande disponibilità di capitali da destinare agli spazi pubblici ed alla architettura.
Si realizza così un ideale prosecuzione dell’antico insediamento militare, l’area del centro storico, con le sue chiese, il Palazzo dei Governatori, l’area di Commercio e Mercato: uno spazio urbano ottenuto sottraendo un’ampia striscia di territorio alla “Orla” delle acque del fiume Guamá.
Giuseppe Antonio Landi è il principale protagonista di un insieme di opere che costituiscono una delle più significative eredità del periodo coloniale. L’architetto bolognese si integrerà totalmente a Belém, divenendo l’effettivo artefice della città. Egli ne delinea lo scenario sul fiume progettando e realizzando il centro rappresentativo del potere politico, religioso e militare che doveva caratterizzare Belém quale capitale culturale dell’Amazzonia.

L’opera di Landi nella settecentesca Belém si distacca così nettamente dall’architettura lusitana del periodo che vede affermarsi il barocco portoghese ed il rococò nella edilizia religiosa e civile. Egli imprime alla città un carattere decisamente italiano anticipando di molti decenni quello stile neoclassico che si imporrà in Brasile solo a partire dal 1816 con l’arrivo dell’architetto francese Auguste Grandjean de Montigny a Rio de Janeiro.

Ancora alla morte di Giuseppe Antonio Landi, l’elogio funebre di Domenico Piò ricorda come:” …E’ questa una provincia del Brasile, che ha per capitale la città di para. E’situata all’imboccatura del gran fiume Maragnon, o sia delle Amazzoni. Le sue strade sono diritte, le case belle, e le chiese magnifiche. La vainiglia, il cacao, e il zuccaro sono l’oggetto del suo Commercio. Non è meraviglia dunque se il Landi occupato in gravissimi affari pubblici, e domestici si scordò della Patria, ed in essa mai più fece ritorno ”.