Nel Settecento l’arte a Bologna è permeata di un classicismo tado-barocco che associa elementi manieristi e borromineschi enfatizzati dal peso scenografico delle sue realizzazioni. Contestualmente sorge anche una variante locale del rococò, il barocchetto caratterizzato da uno spirito ancora meno ortodosso che accantona la rigidità degli ordini classici per dare spazio alla libera inventiva della decorazione.
L’Accademia Clementina, vocata all’insegnamento della architettura dipinta e della scenografia, diventa il veicolo per eccelenza di questo linguaggio, talvolta riferito come bibienesco dal nome dei due fratelli Ferdinando e Francesco Bibiena, i maestri che marcarono profondamente l’insegnamento dell’Accademia.
Un caso particolare è infatti la creazione, all’interno dell’Accademia Clementina, della scuola di Architettura che viene diretta fin dal 1719 da Ferdinando Bibiena. Insieme con il fratello Francesco, gli sarà fino alla morte, una figura fondamentale della vita di questa istituzione.
Il suo influsso ed i suoi insegnamenti hanno formato generazioni di artisti.
L’attenzione che Ferdinando Bibiena rivolge alla didattica orienta decisamente secondo modalità nuove ed originali il percorso degli studi, dotando gli studenti di nuovi strumenti di lavoro attraverso importanti opere quali L’Architettura Civile preparata su la Geometria e ridotta alle Prospettive, considerazioni pratiche,ecc. , edita a Parma nel 1711 e la Direzione a’ Giovani Studenti nel Disegno dell’Architettura Civile, nell’Accademia Clementina, edita a Bologna 1725 e ripubblicata nel 1731-32.
Per Ferdinando Bibiena è molto chiara la distinzione tra la figura dell’architetto e quella di un artigiano costruttore: la differenza sta nel fatto che il primo ha quelle cognizioni teoriche, matematiche e geometriche che gli consentono di progettare, mentre l’artigiano esegue passivamente le indicazioni che gli provengono dalla tradizione del mestiere.
Secondo le sue parole infatti “… Vi sono poi altri, quali non hanno altro studio, che la sola pratica, come sarebbe un Muratore, un Falegname, un Pittore, non parlando però per quelli, che veramente intendono, ma altri simili che trovandosi veramente per il continuo esercizio in una buona pratica, credono questi anche senza disegno poter dar legge con istruir Fabriche, e fare Prospettiva teorica, e Mecanica, senza delle quali non si può giungere alle ragioni delle operazioni, che si debbon fare, difficilmente si giunge in simili materie al segno d’irreprensibile perfezione”.
Ferdinando Bibiena è noto per la sua abilità di architetto costruttore e per le sue invenzioni prospettiche-la cosiddetta “veduta per angolo” applicate da lui e dalla sua numerosa famiglia nei palazzi e soprattutto nei teatri in tutta Europa.
I Bibiena sono i protagonisti dello sperimentalismo barocco emiliano, che coniuga la quadratura con la scenografia, il classicismo con il razionalismo. Operano nell’arco di tre generazioni, a partire dal 1680 per circa un secolo, sancendo il rango di architetti-scenografi.
Il disegno diviene fondamentale componente della didattica della scuola di architettura tanto che se l’Architettura costruttiva, secondo il segretario Giampietro Zanotti, non poteva fare parte dell’Accademia, ne poteva rientrare invece a buon diritto la scuola di formazione di “Pittori di Architettura in Prospettiva”.
La funzione didattica dell’architetura si traduce quindi nella sola componente del disegno mentre la pratica costruttiva viene sviluppata in seguito, come testimonia il lungo apprendistato di Landi, che ebbe occasione di esercitarlo insieme con Carlo Bibiena negli ultimi anni della sua permanenza a Bologna ed a Lisbona. Questa è la ragione per cui era noto come disegnatore e incisore piuttosto che architetto.
Al Landi va riconosciuto il merito di avere proseguito l’insegnamento dei Bibiena sviluppando una sua propria ed originale via di interpretazione .
Alla fine del Settecento lo storico dell’arte Luigi Lanzi così fissa l’originale stagione dei pittori di architettura a Bologna: “Invecchiata alquanto in Bologna la gloria dei figuristi, ecco sottentrare ad essa quella degli ornatisti e de’prospettivi, e far leggi e produrre esempi, che siegue tuttavia a gara l’Italia e il mondo”.